giovedì 25 ottobre 2012

Chi è il family caregiver?


Dunque può succedere, ad un certo punto, che un familiare si ritrova a ricoprire contemporaneamente una serie di ruoli appresi spesso unicamente dalla propria esperienza diretta.

Ed il più delle volte sono ruoli che richiedono una notevole competenza e destrezza.

Da quelli più “meccanici” come la somministrazione di farmaci, nutrizione ed idratazione artificiali,  a quelli maggiormente complessi come l’aspirazione nasotracheale, la ventilazione manuale, i cateterismi ecc. 
Insomma tutto ciò che riguarda generalmente il mansionario infermieristico, senza snobbare anche compiti puramente medici come quelli di primo soccorso durante crisi epilettiche, respiratorie, emorragiche ed altro.

Ma è riduttivo ritenere che il ruolo ricoperto sia unicamente sanitario: sin dall’inizio la maggioranza dei familiari impara ad attivare  con la persona di cui hanno cura competenze elettivamente riabilitative, sia fisioterapiche che cognitivo comportamentali. Funzioni indispensabili non soltanto per la sopravvivenza del loro congiunto ma, soprattutto per la sua qualità di vita.

Non è finita qua.

Ad un supereroe che si rispetti non possono mancare degli aspetti apparentemente meno importanti ma preminenti nel contesto di sopravvivenza di una persona con disabilità molto grave: il rapporto con le istituzioni.

Per averne una piccola idea basta leggere l’ottimo dossier sui compiti del cittadino effettuato da Carlo Giacobini che nella sua asetticità sorvola sulle indubbie capacità relazionali richieste per riuscire ad affrontare burocrati annoiati, spocchiosi ed inutilmente vessanti. 



Tutto questo riguarda solo una parte del compito richiesto al family caregiver: spesso questo silenzioso supereroe dovrà anche assumersi  un funzionale ruolo lavorativo per supportare le gravose esigenze economiche fronteggiate in ogni condizione di disabiltà, senza tralasciare il ruolo che da famigliare ricopre con il resto della famiglia, dove frequentemente sono  presenti altre impellenti fragilità ( bambini, adolescenti ed anziani…)   

All’estero, il ruolo di “cura invisibile” dei familiari è molto studiato, riconosciuto e supportato. 

Diverse sono le ricerche in merito alla condizione di queste persone.

La più famosa è quella della Dr. Elizabeth Blackburn, illustre professore di biochimica presso l'Università di San Francisco, che ha condotto un importante analisi sullo studio dello stress, invecchiamento e alterazioni biochimiche a livello cellulare che le ha fatto meritare il Nobel nel 2009.

Nei numerosi studi scientifici in merito, l’ultimo rileva l’alta incidenza del rischio d’infartodei family caregiver, viene evidenziato come il contesto di preminente cura di un familiare con grave disabilità predispone a condizioni di stress cronico che:
  • Incidono nel sistema immunitario del caregiver per fino a tre anni dopo la fine della stessa esperienza di cura.
  • Tra il 40 e il 70 per cento delle assistenti familiari hanno sintomi clinicamente significativi di depressione (BURDENcon circa un quarto dei quali è diagnosticabile come aventi la depressione maggiore
  • E’ stato dimostrato che l'aspettativa di vita del family caregiver è inferiore dai 9 ai 17 anni in meno della media.
  • Il settanta per cento dei family caregiver trascurano la loro salute fino a riportare essi stessi condizioni invalidanti.
  • In media il family caregiver fornisce dalle 40 alle 84 ore in media di assistenza alla settimana, l'equivalente di più di due lavori a tempo pieno. Con la conseguente perdita o riduzione di una propria attività lavorativa retribuita.





martedì 23 ottobre 2012

La cura invisibile


Succede, a volte, improvvisamente: con un preciso “prima” ed un definitivo “dopo”.

Oppure i contorni del “prima” sono più sfumati perché al “dopo” si è giunti in progressione.

Ma quel “dopo” è un effigie cruda e nitidissima: inglobante, soffocante, determinante.

E tutto nasce da un legame di amore profondo che ci lega ad una persona: un genitore, un fratello, un partner…un figlio!

Il sentirsi “famiglia” si trasforma in una corda saldamente afferrata che ad un certo punto spacca le dita, ferisce il palmo, lo fa sanguinare. E si è spesso troppo soli a tener saldi quella corda a cui è appesa la vita e la qualità della vita di chi amiamo.

Da una recente ricerca del Censis in Italia, le risorse destinate ai servizi per malati cronici e persone con disabilità ammontano a poco meno di 440 euro annue per abitante, precisamente 438, contro i 531 euro della media dei Paesi dell'Unione Europea: nella classifica europea, l’Italia è al di sotto di Francia, Germania e Regno Unito.

Ancora più grande è la sproporzione tra le misure erogate sotto forma di prestazioni economiche - e quelle in natura - ossia sotto forma di beni e servizi. In quest’ultimo caso il valore pro-capite annuo in Italia non raggiunge i 23 euro, cioè meno di un quinto della spesa media europea (125 euro), e in particolare meno di un decimo della spesa della Germania (251 euro) e pari a meno della metà della spesa rilevata in Spagna (55 euro).

Quindi un intervento pubblico concepito come residuale. da erogare solo nei casi d'insufficienza o esaurimento delle possibilità familiari.

Tutto il resto è delegato al "ruolo" della famiglia.

Anche quando la disabilità riguarda condizioni che richiedono un’alta intensità assistenziale, dov’è necessario un supporto ed una vigilanza continua, 24 ore su 24 per 365 giorni, senza alcuna interruzione di continuità.

Per farvi fronte accade che un familiare accantona totalmente la propria vita, il proprio lavoro, le proprie relazioni sociali e perfino la propria salute per garantire la sopravvivenza al familiare.

Non è infrequente, inoltre, che di fronte ad un grave stato di sofferenza e di bisogno, la rete familiare - in cui ogni membro ritaglia naturalmente un suo ruolo per poter garantire sostegno, cura ed autonomia all’intero nucleo - cominci a sfilacciarsi fino a disgregarsi sotto l’impulso di un contesto oneroso e logorante, incanalandosi in una delega prolungata verso il soggetto, delega che sembra garantire maggiore continuità di presenza assistenziale.

E così il family caregiver accorda la sua stessa esistenza a un unico obiettivo, quello del benessere e della qualità di vita del proprio caro, in un intreccio di sopravvivenze: la "cura invisibile".

Questo Blog è nato per descrivere questo compito silenzioso ma indispensabile, un ruolo che può capitare a tutti, proprio a tutti, di ricoprire durante la propria esistenza. Un ruolo a cui vengono attribuiti compiti eccezionali, quelli che ci si aspetta da un super eroe, senza che nessuno si preoccupi di chi è la persona che li assume.
Quella persona che silenziosamente è sempre presente e che sparisce, poi, quando il suo compito è concluso